Centosessantacinque anni fa nasceva Sigmund Freud (6 maggio 1856), l’uomo che rivoluzionò il nostro modo di concepire i meccanismi che motivano e danno forma alla vita psicologica, sociale e artistica.

Freud è una figura storica di rifermento per la psicologia, la filosofia e la psicoterapia. Ha avuto la fortuna di diventare un’icona incarnando l’ideale tardo-romantico dell’eroe che libera l’umanità dalla sofferenza della nevrosi. Questa considerazione sulla sua figura è di per sé ironica, dal momento che Freud desiderava essere dai più considerato per il valore positivistico delle sue proposte, in quanto rappresentante di una nuova concezione modernista nella comprensione dell’uomo.

L’eredità del suo lavoro è davvero molto ampia, per quanto sin dal principio controversa. Dal mio punto di vista le principali innovazioni del pensiero freudiano possono ritenersi ancora valide, per quanto debbano essere generalizzate e ricontestualizzate. Ben consapevole del valore storico del suo lavoro, cercherò brevemente di riassumere alcune delle idee di Freud ancora valide per la psicoterapia contemporanea.

Una psicoterapia attraverso il dialogo

Per prima cosa Freud è stato il primo a pensare che valesse la pena parlare e instaurare un dialogo con i pazienti. Riteneva fondamentale interessarsi alla loro visione di se stessi. Ancora oggi questa conquista non è così scontata. Per molti clinici contemporanei, esattamente come 100 anni fa, sarebbero preferibili altri approcci già utilizzati ai tempi di Freud, che prescindono da ciò che il paziente pensa o dice. Li riassumerei brevemente in due casi distinti: l’approccio biologista e l’approccio suggestivo. Nel primo caso si tratta di un orientamento biologista per cui è importante “fare qualcosa al cervello del paziente” più che fare qualcosa insieme al paziente. Ovvero, praticare una forma di terapia in cui il cervello del paziente è il destinatario, questo si faceva già all’epoca di Freud, era il principale approccio medico. Ancora oggi si ricorre a dispositivi medici per la riabilitazione psichiatrica, non solo farmaci, ma anche stimolazioni elettromedicali, magnetiche, attività rilassanti di vario tipo. Ovviamente il cervello è coinvolto in una visione della psicoterapia oggi come allora, ma è sempre diverso mirare direttamente al cervello del paziente bypassando la relazione e la costruzione del significato dialogico condiviso. Le tendenze biologiste oggi pervadono fortemente la psicoterapia, il riduzionismo biologico è in gran voga nel nostro secolo delle neuroscienze. Il nostro cervello viene decontestualizzato, spesso disincarnato, di sicuro spersonalizzato. Un secondo approccio alla psicoterapia non freudiano è la suggestione. Già presente ai tempi di Freud, oggi è praticata forse più di 100 anni fa, come nelle tecniche cognitiviste di terza ondata o di terza generazione. Nella suggestione la cura del paziente passa attraverso uno stato alterato di coscienza in cui viene posto il paziente dal terapeuta (o dall’ipnotista) allo scopo di “riparare” un trauma, condizionare una diversa risposta emotiva (l’indifferenza), correggere degli errori (la sofferenza). L’effetto della cura sarebbe dovuto ad una supposta “capacità autoriparativa della mente” che si dovrebbe riparare da sé se stimolata adeguatamente. Ovviamente bisogna crederci, e per crederci negare la perdita, il dolore, e abbracciare una visione dell’uomo dalle infinite capacità latenti. Freud invece credeva nella “Talking Cure”, non voleva suggestionare i pazienti e persuaderli grazie alla sua autorità, pensava che il peso della vita potesse essere condiviso, non eliminato. Egli è stato il primo a credere che costruire una relazione basata sul dialogo con i pazienti potesse essere un metodo di cura per le patologie psichiche e che la coscienza del paziente, il significato di ciò che prova, dovesse avere dignità centrale nel trattamento. Ancora oggi penso che questa sia un’idea molto valida, anche se questa implica la capacità di costruire una relazione collaborativa, intima e di fiducia. Ancora di più, significa tollerare, utilizzare e superare le inevitabili difficoltà insieme al paziente in una relazione più democratica.

Una psicoterapia evoluzionista

Freud era convinto che il lavoro di Darwin fosse fondamentale per la comprensione della nostra specie. Molte delle sue elaborazioni teoriche partono dalla considerazione del dualismo dell’uomo sia come essere animale, sia come essere culturale. Il conflitto fra queste due condizioni ci mantiene in un equilibrio precario, mai risolvibile. Il disagio della civiltà impedisce la comprensione e la soddisfazione di bisogni animali predeterminati, oppure l’istinto animale ci devia da un’armonia con l’ambiente culturale. Anche in altre prospettive successive il valore dell’adattamento e altri aspetti del darwinismo sono stati integrati nella moderna concezione della psicoterapia. Freud è stato tra i primi in questo campo. Oggi tutta la teoria dell’attaccamento discende direttamente dal dialogo tra la psicologia e l’evoluzionismo inaugurato da Freud. Interrogarsi sulla costruzione della soggettività come adattamento e selezione naturale è senza dubbio un punto di vista utile al pensiero clinico.

Una psicoterapia dinamica

Freud ha appreso dagli ipnotisti dell’esistenza di stati molteplici della coscienza. Il lavoro di Freud è stato quello di comprendere e delineare i diversi stati della coscienza: conscio, preconscio e inconscio; Io, Es e Super-Io. Egli è stato il primo a descrivere alcuni funzionamenti mentali e i linguaggi che contrastinguevano i diversi stati mentali. Oggi, qualsisia psicoterapia si riferisca a Stati del Sé differenziati parte dall’assunto psicodinamico che non esista una struttura integrata e unitaria della coscienza. Da diversi stati del sé dipendono diversi orientamenti motivazionali. Freud si è interessato prevalentemente alla motivazione sessuale pulsionale, cercando di ricondurre ad essa molti altri stati motivazionali. Sicuramente si è trattato di un eccesso da parte sua. Ciononostante, era un convinto sostenitore del determinismo psichico in un epoca dove regnava il determinismo genetico per quanto riguardava il comportamento, il genere, l’intelligenza e tutto quanto l’essere umano potesse produrre nella vita. Il determinismo genetico non è stato affatto abbandonato dopo il manifesto della razza. Oggi sono in molti a credere che nel DNA ci sia il futuro di un individuo e non solo una serie di potenzialità di partenza. Ovviamente, la rivoluzione freudiana dettata dalla scoperta del determinismo inconscio ha interessato sopratutto l’occidente, mentre in oriente e in altre parti del mondo per spiegare il destino dell’uomo erano diffuse altre concezioni prevalentemente a carattere folkloristico, religioso o superstizioso come il karma, la fortuna, la magia. Per Freud la lotta per il nostro destino avviene dentro di noi. Benché anch’egli credesse nella genetica, detestava la superstizione.

Una psicoterapia creativa

Freud era attento alle capacità narrative, alla funzione creativa della mente. La sua attenzione all’arte, al simbolismo, all’antropologia, la sua sensibilità verso il teatro, la religione, la lirica e la prosa lo rendevano particolarmente capace di tradurre i concetti attraverso metafore e analogie. Freud era un maestro del linguaggio e nell’utilizzo del linguaggio per elaborare, trasformare, rinegoziare conflitti psichici, crisi evolutive rappresentate nei sogni e nelle fantasie. La vita immaginativa era alla base del metodo psicoanalitico per Freud. Dare importanza alla vita immaginativa è ancora oggi centrale per comprendere le prospettive soggettive delle persone. Inoltre, attraverso le capacità creative è spesso possibile trovare uno sblocco di risorse e dei fattori di guarigione, problem solving e adattamento. Di conseguenza anche la terapia era in gran parte creativa, non standardizzata, adattata al caso singolo. Nella visione freudiana in una psicoterapia solo le prime mosse, come negli scacchi, potevano essere strutturate, ma la costruzione del trattamento era fondamentalmente imprevedibile, determinata dall’unicità dell’incontro clinico, nonostante fosse basata su regole conosciute. Questa approccio è ancora oggi piuttosto valido. Benché sia legittimo il tentativo di standardizzare le cure, questo orientamento comporta la riduzione del potere curativo del riconoscimento della specificità.

Una psicoterapia orientata allo sviluppo

Per Freud l’infanzia era fondamentale. Prima di lui nessuno si era mai interessato a fondo dei drammi dell’infanzia e di come questi determinassero la vita degli adulti. I traumi evolutivi, con i quali Freud ha avuto un rapporto ambivalente, sono stati da lui evidenziati con coraggio in anni in cui la pedagogia poteva prendere forme particolarmente perverse e sadiche. Freud è stato tra i primi a descrivere le fasi psicoevolutive dello sviluppo del bambino fino all’adolescenza. Inoltre, coerentemente con l’impostazione dinamica della mente, l’infanzia così come le fasi successive dello sviluppo con i loro funzionamenti e bisogni non vengono mai abbandonate del tutto e permangono dentro di noi per tutta la vita. Il dialogo interno e relazionale tra le diverse età che vivono in noi può determinare un’ulteriore complessità da considerare. La visione degli obiettivi dello sviluppo umano per Freud era piuttosto semplice ovvero lo sviluppo di una capacità di amare e lavorare. Questi obiettivi di per sé potrebbero sembrare limitati e non è facili da raggiungere. In ogni caso per Freud gli obiettivi esistenziali non sono predeterminati e possono cambiare nel corso della vita se si tiene conto della storia evolutiva delle persone.

Una psicoterapia delimitata culturalmente

Benché Freud fosse un grande studioso di antropologia il sistema psicoanalitico da lui elaborato è limitato dai riferimenti culturali della sua epoca e nel corso di più di un secolo ovviamente è stato criticato, rivisto e inevitabilmente superato. I limiti culturali di Freud ci appaiono oggi evidenti e riguardano la visione della società, il gender gap, la cultura del patriarcato, il positivismo borghese, la gestione autocratica del dibattito e del dissenso, una gestione delle società scientifiche come sette segrete. Anche questa è una lezione, oggi noi esattamente come allora non possiamo credere che le nostre concezioni contemporanee non siano altrettanto limitate dalla cultura nella quale siamo immersi e che da forma ai nostri interventi in psicoterapia. Freud sapeva che la psicoanalisi avrebbe preso strade diverse nel futuro, ma non sapeva come favorirne la trasformazione, anche perché era molto preoccupato di proteggere il suo lavoro. Come Freud, anche noi sappiamo che non possiamo affidarci ad un totem per sperare nel futuro.

Grazie a Sigmund Freud molte persone, me compreso, hanno potuto capire come lavorare su di sé insieme a qualcun altro e provare a indirizzare diversamente la propria esistenza in modo si spera più libero e sano.

Daniele Paradiso, Torino 6 maggio 2021